Articoli da leggere

LA MEMORIA ORGANICA 

Tratto da “Rebirthing” di Deva Daricha e tradotto da Swapana

La vita è lo spazio tra due respiri: il primo e l’ultimo. Nel mezzo di quei due respiri, la coscienza incarnata ci regala l’esperienza di essere vivi. Ogni inspirazione riassume il nostro primo respiro. Sotto il sottile, esitante fremito del respiro, sono nascoste le memorie cellulari organiche del primo che abbiamo fatto. È stata l’aspirazione alla vita, la discesa dello spirito nell’autonomia del corpo.
Per molti di noi il primo respiro ha avuto un impatto difficile. Dal 1950, la moderna ostetricia con il suo approccio tecnologico nel campo della nascita (il grande mistero dello Spirito che discende nella materia), dimostra che solo poche persone hanno una nascita naturale. continua...Gli interventi ostetrici, le incisioni chirurgiche, l’uso del forcipe applicato alla testa del bambino per farlo uscire dall’utero, i farmaci somministrati di routine, le interferenze che avvengono nella delicata interazione tra madre e bambino, comportano che, in molti casi, il primo respiro avvenga in situazione di emergenza. Decenni di ricerche dimostrano la pericolosità delle pratiche sopra descritte sulle ultime incarnazioni di esseri umani. Però questo viene ignorato o ridicolizzato perché non si accorda con il sistema di credenze che domina nella medicina.
L’effetto di tali pratiche, continua a vivere nella mente organica: la mente del corpo, l’intelligenza delle cellule, degli organi, dei muscoli, dei tessuti e del sangue. Queste memorie risiedono nell’impercettibile perturbazione di inspirazione ed espirazione, e, se abilmente guidate, possono essere lasciate andare in modo sicuro.
Nel riportare il respiro ai propri ritmi naturali privi di restrizioni, rilasciamo anche la tensione del corpo che è progettato per il benessere e la gioia. Questo processo viene accompagnato dal rilascio delle tensioni ossessive profonde e dalle compulsioni che si trasformano in rilassamento e profondo benessere fisico.
I nostri corpi registrano anche altre memorie dolorose: traumi emozionali, malattie e incidenti dell’età infantile, l’impatto dei condizionamenti dei nostri genitori; tutto ciò è nascosto da qualche parte nella mente organica e influisce sul libero flusso del respiro e della vita. E il corpo non ricorda soltanto la nascita, ma anche la nostra gestazione e, anche se può sembrare strano, l’unione della prima cellula e le condizioni che le stavano attorno.
E c’è di più. 
La memoria genetica trattiene la memoria degli eventi che hanno avuto un impatto sui nostri antenati, e conseguentemente, il corpo conserva e mostra le memorie di eventi del passato dalle quali si dimostra che abbiamo già vissuto precedentemente su questo pianeta. Tutti questi aspetti possono essere toccati e progressivamente guariti, nel rilascio delle tensioni che si evidenziano nel respiro.

 

LA PLACENTA TRA STORIA, SIMBOLI E TECNOLOGIA

di Rossella Minocchi – tratto da D&D n° 13 giugno 1996

Nella moderna ostetricia occidentale la placenta è considerata semplicemente un organo filtro, sede dei processi di scambio di sostanze nutritive e sostanze di rifiuto fra madre e feto, ma in molte culture le viene attribuito un significato simbolico, ma anche terapeutico, ben più profondo.
Prima ancora che venissero chiarite le sue funzioni e codificata l’assistenza medica al parto, e cioè per buona parte del secolo scorso, l’eliminazione della placenta rappresentava l’ultima fase dell’intervento attivo del medico in un parto normale. Già l’ostetrico greco Sorano consigliava alle levatrici di dilatare la cervice delle madri con le mani, di tirare fuori il bambino e subito dopo anche la placenta, senza aspettare l’espulsione spontanea. continua... A partire dal XVI° secolo, quando i medici ricominciarono a scrivere di ostetricia, questo atteggiamento interventista era diventato ormai proprio non solo dei medici, ma anche di buona parte delle levatrici stesse. Lo stesso Mauriceau, noto medico francese, nel 1668 raccomandava di “liberare la donna dalla placenta” subito dopo il parto, esercitando una lieve trazione sul funicolo. “In caso si trovasse maggior difficoltà” proseguiva Mauriceau “si potrà comandare a un’altra donna ben pratica, di metterle la palma della mano sul corpo e portarla abbasso come se le volesse far le freghe” e se anche questa manovra dovesse essere inefficace, allora “bisognerà mettere la mano nella matrice per distaccarla“. La minuziosa descrizione di Mauriceau sottolinea come l’assistenza al secondamento fosse, fin dalle epoche più remote, generalmente attiva. Era radicata la convinzione, infatti, che, lasciando la placenta nella sua sede, se ne sarebbe andata in giro per l’addome, rendendo impossibile il suo successivo recupero. Si può facilmente immaginare come lo strappare la placenta precocemente, prima che si fosse spontaneamente staccata, fosse causa di gravi complicanze, soprattutto emorragie e sepsi, spesso mortali. Per fortuna attualmente gli operatori sono ben consapevoli dei rischi connessi a queste manovre aggressive e intempestive: si aspetta, più o meno pazientemente, che la placenta si distacchi dalla parete uterina, eventualmente si somministrano farmaci appropriati, una volta espulsa si lascia pesare sulle mani eseguendo contemporaneamente un movimento “a corda” per evitare la ritenzione delle membrane. Successivamente se ne controlla la vascolarizzazione, il peso, la conformazione. Infine, in molti casi, le placente seguono la via delle case farmaceutiche, per la preparazione di prodotti cosmetici. In altre culture è dedicata alla placenta un’attenzione particolare: è la cosa più intimamente collegata al neonato. Egli la porta con sé dal mondo intrauterino o degli spiriti che sia, da cui proviene. Per questo la placenta è al centro di un’ampia e profonda simbologia, per noi occidentali sconosciuta e incomprensibile.
Alcune popolazioni “primitive” usano seppellire la placenta sotto un giovane albero, che crescerà insieme al bambino per tutta la vita; altre ancora hanno la credenza, proprio per questo contatto così intimo col bambino, che chiunque se ne impossessi, possa esercitare un potere malefico su quel bambino, per cui il padre deve avere cura di seppellirla in un luogo segreto oppure di bruciarla. In Africa i saggi ne fanno un uso divinatorio, cioè osservandone accuratamente i caratteri, riescono a prevedere gli avvenimenti futuri che interesseranno il loro villaggio.
Nell’India occidentale si contano i nodi del cordone ombelicale: la loro presenza indicherebbe il numero di figli che la donna metterà ancora al mondo. Presso alcune popolazioni le donne che assistono la neomadre le fanno bere un brodo ottenuto facendo cuocere un pezzo di placenta, così le sostanze nutritive disperse nel liquido di cottura, proteine, sali minerali e preziosi ormoni, vengono completamente assimilate dalla donna. Addirittura alcuni libri riportano delle vere e proprie ricette (The Birth Book, Genesis Press, senza data di pubblicazione) per cucinare la placenta, il che testimonia l’importanza attribuita a quest’organo nelle società contadine. Immediato è il confronto con il comportamento animale: le femmine di molte specie si nutrono della placenta subito dopo la nascita dei loro piccoli, immagazzinando, in questo modo, ormoni utili per indurre la lattazione, oltre alle proteine di cui il tessuto placentare è prevalentemente composto. Consapevoli del profondo significato simbolico della placenta, oltre che della sua efficacia funzionale, sarebbe opportuno che le venisse dedicata anche nei corsi di preparazione al parto, un’attenzione particolare.

 

LOTUS BIRTH®…PORSI UN’ALTRA DOMANDA

di Robin Lim – tratto da Midwifery Today Magazine, N° 58, estate 2001 e tradotto da Swapana

Noi ostetriche siamo particolarmente conosciute per la quantità di domande che facciamo.
Da ostetriche in embrione, abbiamo letto Niles Newton, Lester Hazell, Sheila Kitzinger. Le nostre gravidanze personali sono state guidate da “Prenatal Yoga” di Jeannine Parvati Baker. La lettura ispiratrice di “Birth Book” di Raven Lang e di “Immaculate Deception” di Suzanne Arms, ci hanno fatto nascere queste domande per il mondo ostetrico: “Perché così tanti esami vaginali di routine? Perché partorire sdraiate? Perché la rasatura del pube? Perché un numero così alto di cesarei? Perché si dovrebbe prendere in considerazione l’anestesia epidurale? Perché gli ultrasuoni?continua...Quando le risposte non erano soddisfacenti, oppure non c’erano spiegazioni, abbiamo chiesto spontaneamente: “Perché una donna sana, a basso rischio, deve partorire il suo bambino sano in un ospedale, il posto progettato per la gente seriamente ammalata” La successiva domanda logica, è stata: “Perché non nascere in casa?” Nell’accogliere i bambini che nascevano in casa, le ostetriche continuavano a chiedersi dei perché e ascoltavano anche quelli che si ponevano i genitori: “Perché in ospedale tagliano il cordone ombelicale così presto?” È stata una silenziosa ma profonda rivoluzione quando le ostetriche hanno imparato ad attendere. La medicina ostetrica lo deve aver visto come un gigante passo indietro nella storia. Indietro al tempo in cui la famiglia era posta al centro, al tempo in cui il protocollo era “la donna che aiuta la donna“. In verità, le popolazioni indigene del nostro pianeta, tuttora permettono che la nascita si riveli in modo naturale. Le famiglie con cui abbiamo a che fare, hanno piacere di sperimentare la nascita senza l’interferenza della tecnologia. Nei cuori delle famiglie che partoriscono in casa c’è una profonda fiducia in Madre Natura e Padre Tempo e nel disegno divino della riproduzione umana. Tuttavia, quello che le partorienti e i loro bambini sperimentano, nella maggior parte degli ospedali che adottano i protocolli medici occidentali esportati nel cosiddetto “mondo in via di sviluppo”, sono procedure e pratiche che, di base, non hanno questa fiducia. Anzi, la casa del bambino è diventata l’utero. L’utero che, lo posso dire dopo aver lavorato in molti ospedali, viene percepito come il nemico, un luogo buio e misterioso dal quale i medici liberano i bambini: armati di flebo di pitocina, sono pronti e capaci di far uscire quei bambini! In ospedale, appena la donna ha raggiunto la dilatazione completa, (e con tutti gli esami di routine velocemente fatti), la vagina diventa il nemico. Con o senza contrazioni espulsive, alla donna (e ho visto costringerla) viene detto di spingere. Se non fa uscire il bambino abbastanza velocemente, vengono fatte delle pressioni sull’utero. In seguito, viene usato il forcipe o la ventosa. E nel frattempo: SPINGI! SPINGI! Le episiotomie sono tagli per accellerare l’uscita del bambino: compiono il salvataggio in minor tempo. Il cordone viene immediatamente clampato e tagliato. Il bambino viene precipitosamente allontanato dalla madre per essere lavato (per togliere ogni umore e odore del nemico), pesato, misurato e valutato come un sopravvissuto. Gli viene misurata la temperatura rettale, viene vestito e messo in un posto più caldo. Che contrasto con le mie cinque nascite che ho fatto e con le centinaia che ho avuto l’onore di assistere in casa! Case con stravaganti tappeti, con pareti di bambù e pavimenti in terra battuta. Ma case piene d’amore dove la nascita avveniva senza violenza. In quelle case la madre non era mai “la nemica”. Non c’erano culle termiche high-tech: i bambini venivano messi sulla pelle della mamma, tra le sue braccia, cullati sul suo ventre soffice, e al suo seno. Primitivo? Forse. Un passo indietro? Me lo domando. Vorrei raccontarvi una scena di vita familiare accaduta 24 anni dopo il mio primo bellissimo parto naturale, avvenuto in casa… Mia figlia Dejà, ora cresciuta, è in panico. “Ho perso la mia borsetta! Mamma aiutami. Senza la mia borsa, posso morire”! La borsetta di Dejà è di forma ovale, del peso di circa 450 grammi, di un colore bruno rossiccio con un lungo cinturino. Il non trovarla al suo posto le causa panico, il suo respiro si è fatto affannoso. Piange e chiede della mamma. Il momento dopo che Dejà dice “Senza la mia borsa io muoio!“, i nostri occhi si incontrano per un attimo e..:”a-ha“. Ride forte, dicendo:  “È colpa tua mamma, non avresti mai dovuto lasciare che il mio cordone fosse tagliato“. Ci abbracciamo mentre uno dei suoi fratelli le ritrova l’indispensabile borsetta, il surrogato della placenta. Proprio nel precedente fine settimana, Dejà era presente mentre assistevo come ostetrica, la sua amica Priya. La famiglia aveva deciso per un Lotus Birth, avevano scelto di non tagliare il cordone ombelicale del piccolo Pranavkrshnan. Pradheep, medico biochimico e raggiante neo padre, si era sentito spiritualmente portato a scegliere una nascita non violenta. Da scienziato era curioso di vedere come si sarebbe comportata la natura nel rapporto tra suo figlio e la placenta. Avevamo preso un recipiente di acqua calda e avevamo lavato la placenta dal sangue. L’avevamo poi cosparsa di rosmarino in polvere, curcuma e sale. Cautamente e rispettosamente l’avevamo avvolta in un panno, mentre il bambino era rimasto nudo, ma al caldo, contro sua madre, ancora attaccato al suo “piccolo fratello”. Durante il corso della prima magica settimana di vita di Pranavkrshnan, il cordone si era seccato; ogni giorno cambiavamo il panno e aggiungevamo erbe secche. Non c’erano odori sgradevoli. Al quinto giorno, la nonna del bambino fece una scoperta. Aveva osservato che quando il nipotino era al seno della mamma, la placenta, che giaceva a circa 40 centimetri da lui, pulsava. La signora, lo aveva fatto notare al genero sbalordito. Quando arrivai per la visita, Pradheep fremeva per dimostrarmelo. Ero testimone di una miracolosa rivelazione: niente meno che dopo cinque giorni dalla nascita, nonostante il cordone ombelicale fosse secco, apparentemente senza vita, la placenta rispondeva al bambino mentre questi veniva allattato della mamma. Le parole del padre biochimico: “Sono certo che qui c’è qualcosa che sta comunicando. Non mi sento tratto in inganno dall’apparenza secca del cordone: profondamente, nel centro, c’è vita. Qualcosa di essenziale viene trasmessa al mio bambino da parte della sua placenta.” Moltissimi anni prima, avevo letto dei Lotus Birth di Jeannine Parvati Baker. Ne ero rimasta molto toccata, ma allo stesso tempo non credevo che avrei avuto la pazienza necessaria. La mia ostetrica quando gliene avevo parlato, aveva riso dicendomi che sarebbe stato troppo scomodo. Avevo deposto l’idea: nonostante altre tre gravidanze, non ero disposta a guardare il mio processo personale tanto in profondità. Oggi, è la sola cosa che vorrei cambiare riguardo alle nascite dei miei figli. Certo, mia figlia aveva riso quando aveva realizzato che non sarebbe morta senza la sua borsetta, tuttavia non posso cancellare dalla memoria il suo ritrarsi, quando le era stato tagliato il cordone. Certo, aveva smesso di pulsare…o perlomeno allora così avevamo creduto. Prima del 1995 avevo tagliato centinaia di cordoni. Molto spesso avevo sentito i bambini gridare, oppure li avevo visti ritrarsi e stringere convulsamente i piccoli pugni. A volte non percepivo alcuna reazione. A Bali ho imparato ad attendere, prima di fare qualunque taglio, finché l'”Ari-ari” è nato. Questa è la tradizione, di non “uccidere” mai la placenta, fratellino o sorellina del bambino, prima che muoia di morte naturale. L’ Ari-ari, morirà poco dopo la nascita, ma continuerà a vivere sotto forma di spirito, angelo custode del bambino, per il corso di tutta la sua vita. Dopo la morte, l’Ari-ari andrà in cielo per testimoniare se quell’essere umano, nella vita, farà il suo dovere. Un bambino balinese saluta la sua placenta quando si sveglia al mattino. Di notte, la prega affinché lo protegga dal buio. Ad ogni cambio di luna e in ogni giorno sacro, depone delle offerte sul luogo dove è stata seppellita. Ultimamente, nello Iowa, ho facilitato la nascita di dieci bambini a cui non è stato reciso il cordone. Soltanto dieci. La maggioranza delle famiglie sceglie ancora di tagliarlo. Tuttavia, dal 1995, tutti i bambini che ho fatto nascere in Indonesia, Filippine e Iowa, hanno goduto del beneficio del contatto prolungato con la loro placenta almeno per una o due ore. In Asia avevo notato che le donne non avevano fretta di tagliare il cordone una volta che la placenta era nata. Erano piuttosto gli uomini che volevano venisse fatto. Si sentivano obbligati a lavare e seppellire velocemente l’Ari-ari. Culturalmente, era una responsabilità dell’uomo, e le donne…si adattavano. Più di qualche nonna o bisnonna aveva rimproverato l’uomo per la fretta di tagliare il cordone. Mi ritengo fortunata ad avere una copia del Lotus Birth Information Packet di Jeannine Parvati Baker. Tutte le mie famiglie che partoriscono in casa, durante la gravidanza, lo leggono e nessuna di loro poi sceglie di tagliare il cordone. È sorprendente come è semplice iniziare una rivoluzione dolce: fornendo delle risposte oneste a delle domande semplici. Grazie Jeannine. Recentemente ho ricevuto un altro regalo da parte di Jeannine: il libro di Shivam Rachana dal titolo “Lotus Birth”. Che regalo ha dato l’autrice al mondo! Ne ho assaporato ogni parola e lo raccomando vivamente a tutti. Le ostetriche sono le custodi della nascita naturale. Ciò malgrado, di questi tempi, potremmo dire di aver dimenticato cosa è naturale. Siamo sicure che un legame intimo tra la madre e il bambino sia normale. La mia esperienza è che il Lotus Birth facilita questo legame. In verità, è un po’ scomodo muoversi con il neonato attaccato alla sua placenta: ma se la mamma resta sdraiata, vicino al bambino e alla placenta, in questo sacro cerchio di quiete e di isolamento, si stabilisce facilmente l’allattamento. In effetti, quando la placenta è ancora attaccata, pochi visitatori si sentono a loro agio. Ed è proprio in questo spazio, fuori dal tempo, che la famiglia può essere costruita e che la neo- mamma re-inventa se stessa. Ostetriche, per favore, fate a voi stesse un’altra domanda: “Perché continuiamo a dar credito al rituale medico del taglio del cordone?Quando vedo un bimbo Lotus Birth tenere il suo cordone tra le manine con circospezione, sento il dovere di lasciarlo intatto. Il suo cordone, la sua placenta: il compagno del bambino in utero, che ha sostenuto mamma e bimbo nella gravidanza, che con quest’ultimo ha condiviso il magico mondo prenatale… Viviamo in un mondo di “MIO”, con un enorme senso del possesso. Mi chiedo se le radici del consumismo non derivino dalla pratica di gettare via cordone e placenta del bambino, prima che siano esauriti in modo naturale. E chiedo a me stessa: “Perché tagliare il cordone?”

 

CHI È IBU ROBIN LIM

di Marzia Bisognin

La pace nel mondo può essere costruita cominciando oggi, un bambino alla volta“. Questo è quello che lei sente e dice, cominciamo ora, non domani, con pazienza. Un bambino alla volta, una persona alla volta.
Nel tempo ha stimolato la crescita di un gruppo di volontari e soprattutto volontarie che vengono da diversi paesi, e dà anche lavoro ad alcune delle madri che frequentano il consultorio. Ha allestito una piccola fabbrica interna in cui manipolano le erbe officinali che coltivano in un Orto Botanico realizzato accanto al Bumi Sehat, e questo è un modo per dare lavoro e accoglienza a donne che magari vivono situazioni difficili, ma che stanno lì attivamente, perché ci sono delle cose da fare, c’è il talco o un medicinale omeopatico da preparare, oppure oggetti artigianali che servono a puerpere e neonati. continua... Hanno intervistato i guaritori tradizionali, sono andati a vedere dove le erbe crescono selvatiche, hanno imparato ad usarle, e inoltre svolgono un lavoro di educazione alimentare per combattere la malnutrizione, causa primaria di mortalità infantile, gravidanze difficili e parti con gravi complicazioni. In una scuola vicina al Bumi Sehat ha allestito una piccola biblioteca per bambini, la prima a Bali e ora sta organizzando un centro giovanile per ragazzi adolescenti. Come una delle tessitrici che vivono nel cuore dell’isola, le quali si tramandano un’arte a rischio di estinzione, anche Ibu Robin annoda un filo dopo l’altro con grande pazienza, perché ciò che si sta sfilacciando possa divenire un tessuto forte e bello a vedersi, capace di accogliere e reggere il peso che la trasformazione economica e sociale in atto comporta, affinché possa essere un processo di cambiamento anziché di brutale devastazione. Questi fili sono il sapere e l’alleanza femminile, la gestione solidale e comunitaria della salute, il riconoscimento del valore esistenziale e spirituale dell’esperienza della maternità. Dice: “Ogni nascita coinvolge sia il mondo visibile che quello invisibile. È un’opportunità per l’invisibile di intervenire brevemente ed essere servito con adeguato rispetto. Dopotutto la venuta al mondo è il momento in cui si apre la porta tra i mondi”. Guardando le foto e i filmati che documentano il suo lavoro, si rimane colpiti dalla bellezza delle donne. A volte sono giovani che irradiano gioia, altre volte hanno volti segnati dalla sofferenza, specie le foto dell’Aceh, ma sempre hanno visi e corpi che hanno accolto la trasformazione in divenire, e questo dona loro pienezza e luce. La modernità non prevede più questo cambiamento, per diventare madri non è necessario cambiare, anzi è disdicevole farlo, e più in fretta si torna ad avere il corpo e il dinamismo di prima, meglio è. Dovremmo chiederci qual è il prezzo che le madri, e i figli, e dunque la società, pagano per questo. Oggi il parto soffre di disattenzione, di bisogni emotivi disattesi, di estraniazione, e in fondo l’uomo moderno, che di questi parti è figlio, patisce le stesse sofferenze. Le parole di Ibu Robin “cominciamo oggi, un bambino per volta, una persona per volta” indicano che operare per un parto e una nascita sani significa operare per una società sana, con molta pazienza.

 

AGOPUNTURA E IPNOSI PER ALLEVIARE I DOLORI del PARTO 

New YorkL’ipnosi e l’agopuntura sono due metodi promettenti per trattare e alleviare il dolore durante il travaglio e il parto, ma sono necessarie ulteriori ricerche per capire se queste due strategie, come altre terapie complementari (massaggio, rilassamento, aromaterapia, acupressione e rumore bianco) possano veramente essere d’aiuto per le partorienti. È quanto emerge da un nuovo studio, che ha passato in rassegna la maggior parte dei dati scientifici esistenti sulle terapie complementari e alternative per il controllo del dolore nel travaglio, ed è statocontinua... pubblicato sulla rivista The Cochrane Library della Cochrane Collaboration, un’organizzazione che valuta le ricerche e giunge a conclusioni basate su prove riguardo alle metodologie della medicina considerando sia i contenuti che la qualità degli studi esistenti.
Il dolore del travaglio può essere intenso, e la tensione, l’ansia e la paura possono peggiorarlo‘, scrivono Caroline Smith della University of Adelaide, Australia, e i suoi colleghi.
Molte donne vogliono partorire senza prendere farmaci e spesso si rivolgono alla medicina complementare e alternativa per avere un aiuto. La Smith e tre assistenti hanno passato al vaglio i dati di 14 studi che hanno coinvolto 1.448 donne che hanno usato diversi strumenti per gestire il dolore durante il parto. I dati dei tre test sull’agopuntura (496 donne) hanno mostrato una riduzione del 30 per cento della necessità di farmaci contro il dolore nonché un minore ricorso alla puntura epidurale e a farmaci come l’ossitocina, che stimola il travaglio.
Anche le donne a cui era stata insegnata l’auto-ipnosi in cinque studi sull’ipnosi (729 donne) avevano molte meno probabilità di ricorrere a farmaci contro il dolore e all’epidurale durante il travaglio. Queste donne si sono dichiarate notevolmente più soddisfatte del loro metodo di controllo del dolore rispetto alle donne del gruppo di controllo.
Tra gli altri ‘vantaggi promettenti’ dell’ipnosi ci sono un accresciuto tasso di parti naturali e una diminuzione della necessita’ di ricorrere all’ossitocina, fanno notare gli autori della ricerca. L’ipnosi potrebbe essere usata da sola per alleviare il dolore o in aggiunta ad altre terapie per esaltare l’effetto degli analgesici.
La Smith e i suoi colleghi chiedono nuovi piu’ vasti studi sull’ipnosi e l’agopuntura come sistemi per il controllo del dolore del parto. Al momento, dice il team australiano, non ci sono prove sufficienti sull’efficacia dell’acupressione, dell’aromaterapia, della terapia della musica, del massaggio, del rilassamento e del rumore bianco per il controllo del dolore del travaglio.
I ricercatori concludono: ‘Agopuntura e ipnosi potrebbero essere utili per il controllo del dolore durante il parto; tuttavia, il numero di donne analizzate finora negli studi è piccolo. Poche altre terapie complementari sono state oggetto di approfonditi studi scientifici‘.

 

LOTUS BIRTH® A BALI

di Mandai Kadiatou e liberamente tradotto da Swapana

I balinesi hanno una varietà di tradizioni e di rituali intorno alla nascita da rendere il mio insegnamento ostetrico, un’esperienza di guarigione profonda e incredibilmente unica. Ogni nascita racconta una storia diversa e porta nuovi insegnamenti. La donna canta la propria canzone di nascita e il bambino arriva con i suoi propri tempi, quando decide di uscire dal grembo di sua madre. Nel momento della nascita c’è una grande gioia e un gran senso di celebrazione che proseguono per giorni, se non per mesi. Esserne testimone è sempre un privilegio. continua...Uno degli aspetti che preferisco della clinica di maternità dove ho fatto volontariato, è la filosofia della non violenza. Il nostro motto, probabilmente preso a prestito da Jeannine Parvati Baker, riconosciuto e messo in pratica dalle ostetriche, è “una nascita dolce per guarire la Terra”. Adottiamo un approccio privo di interventi manuali che permette alla donna di entrare profondamente nello stato di trance. Sostenuta dal marito o dai famigliari, viene costantemente rassicurata sulle proprie capacità di partorire quel bambino perché il suo corpo è perfettamente disegnato per farlo in modo naturale. Ciò è cruciale nel momento in cui questo paese, in via di sviluppo, sta abbracciando il costoso paradigma medico di nascita, imperfetto e politicizzato. Quando nasce un bambino hindu, come benvenuto al mondo, cantiamo il gayatri mantra (puoi ascoltare questo bellissimo mantra su: http://www.youtube.com/watch?v=d63COahIpVM) Om bhoor bhuva swahah, tat savi tur varenyam, bhargo dey vasya dhi mahhi, dheeyo yoh na pracho dayaht (O Dio, artefice e donatore della vita, che rimuove dolore e tristezza, quintessenza della felicità; o creatore dell’Universo, permettici di ricevere Te altissimo, senza che la luce venga spenta. Che tu possa guidare la nostra intelligenza verso la giusta direzione). Ogni bambino musulmano viene invece salutato con una preghiera ad Allah. Un bellissimo e commovente aspetto della nascita a cui assistiamo è il Lotus Birth. Vuol dire che il cordone ombelicale resta intatto, senza recisione, da un’ora a diversi giorni dopo la nascita. Il bambino e la placenta restano una sola unità fino a quando i genitori decidono di tagliare, oppure come nel Lotus Birth vero e proprio, quando il cordone si secca e il bambino se ne separa con un calcetto.
Il concetto è che la placenta sia un organo integrante del corpo del bambino e che il taglio immediato possa causare uno shock fisico, emozionale ed energetico nel suo piccolo essere. Questo è anche il modo perché mamma e neonato, che un tempo erano una cosa sola, restino ancora insieme, pelle a pelle, nell’allattamento e nel bonding. Infatti muoversi con il bambino attaccato alla placenta può essere un po’ scomodo. Un modo in cui a volte preferiamo tagliare il cordone è quello di bruciarlo. Bruciandolo, tutta la forza vitale della placenta viene trasferita al bambino che potrà così sentirsi completo, nonostante la perdita di un organo cruciale. Dal momento che è una tecnica totalmente sterile, risulta indispensabile nei momenti in cui scarseggiano i rifornimenti.
Ancora una volta viene cantato il gayatri mantra fino a quando il cordone è completamente bruciato. A questo punto, la placenta viene subito presa dal padre, che la seppellisce nel recinto della casa di famiglia, per fare in modo che il bambino sia sempre capace di trovare il cammino verso casa. Per far prevalere la pace sulla Terra è essenziale avere rispetto per l’integrità della mente, del corpo e dello spirito di mamma e bambino. Quando l’essere umano, dalla nascita in poi, viene trattato con questa dignità, diffonde e rinforza l’amore che è necessario per la sopravvivenza umana.

 

PERCHÈ QUESTO AUMENTO DI BAMBINI AUTISTICI?

di Johnston editore di HEALTH , supplemento al Daily Express Weekend – Dec, 16, 2007 (tradotto da Susanna Hinnawi- per Lotus Birth -Italia)

Gli studiosi hanno messo in guardia che clampare il cordone ombelicale del neonato troppo presto dopo la nascita porta ad una privazione di ossigeno che potrebbe spiegare il drammatico aumento dei casi di autismo.
Ricerche innovative dimostrano che la pratica routinaria di tagliare il cordone subito dopo il parto riduce le riserve di ossigeno del bambino così come l’apporto di sangue ricco di nutrienti in un momento cruciale, prima che il neonato inizi a respirare.
Ora gli studiosi pensano che nei bambini più vulnerabili ciò possa produrre emorragia cerebrale, mancanza di ferro e danni cerebrali come l’autismo,continua... una condizione della mente caratterizzata da un’estremo isolamento. Gli esperti dicono che, attualmente, questo disturbo interessa un bambino su 100 …. sette volte tanto rispetto a dieci anni fa!
L’altra sera, David Hutchon, specialista ostetrico di lunga esperienza al Darlington Memorial Hospital, che ha studiato gli effetti del clampaggio del cordone, ha detto: “La pratica affrettata di clampare il cordone espone i bambini a seri rischi. Nei minuti successivi alla nascita, nel bambino, le riserve di ossigeno e di sangue diminuiscono rapidamente. I neonati hanno bisogno di una quantità di sangue maggiore per sviluppare i polmoni e il resto degli organi che devono iniziare a lavorare.”
Ha aggiunto inoltre: “Nei neonati più sensibili, il clampaggio prematuro del cordone e la mancanza di sangue aumentano il rischio di emorragia cerebrale e di problemi respiratori. Questo aiuta a spiegare l’incremento di autismo. Ma perchè lo stiamo facendo?
Il cordone ombelicale viene clampato per lo più immediatamente….in molti ospedali, entro 30 secondi dalla nascita perché negli ultimi 20 anni i medici hanno creduto che così facendo si riducesse il rischio di emorragia mortale per la madre.
Comunque, un crescente numero di esperti, incluso il dottor Hutchon, crede che il rischio per il bambino superi quello di danno potenziale per la madre. Essi dicono che devono trascorrere almeno tre minuti, prima di tagliare il cordone di modo che il sangue materno continui a fluire dalla placenta al bambino fino a quando la sua respirazione si è maggiormente stabilizzata. La loro teoria ha avuto origine da una recente ricerca. In uno studio importante, che ha coinvolto più di 1.900 neonati, pubblicato dal Journal of the American Medical Association, il clampaggio del cordone ritardato di soli due minuti, riduce il rischio di anemia del cinquanta per cento e il livello di carenza di ferro di un terzo.
Eileen Hutton, assistente decana di ostetricia alla McMaster University di Hamilton, Canada, che ha condotto la ricerca, ha detto: “Questi benefici si estendono oltre il primo periodo neonatale.”
Un altro studio a cura di Andrew Weeks, e pubblicato sul British Medical Journal, ha dei risultati analoghi: il dottor Weeks, docente decano di ostetricia all’University di Liverpool che lavora al Liverpool Women’s Hospital, ha detto al Sunday Express: “Io aspetto a tagliare il cordone. Ciò è in special modo importante per i bambini pretermine che hanno dei vasi sanguigni delicati. La mancanza di afflusso di sangue può teoricamente portare all’autismo. Ci sono tante evidenze che mostrano i danni arrecati al bambino dal clampaggio immediato ma nessuna che ne attesti il benché minimo beneficio.
Patrick O’Brien, portavoce del Royal College of Obstetricians and Gynecologists ha detto: “La recente ricerca suggerisce che ai genitori sia data una scelta informata e questo sia un argomento da affrontare nei corsi di educazione prenatale.

 

QUALITÀ DI VITA: UN ARGOMENTO IMPORTANTE E COMPLESSO IN MEDICINA NEONATALE

di P. Ventura-Juncà

Il concetto di qualità di vita – La definizione di salute proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)[1] è piuttosto simile ad alcune definizioni di qualità di vita. Ma sebbene la salute sia indubbiamente un valore molto importante, esistono aspetti non medici della vita, come la famiglia, il lavoro, la casa, l’educazione, i fattori ambientali che giocano un ruolo importante nella sensazione soggettiva di benessere, quindi per la qualità di vita. Su queste basi crediamo che sia più appropriato parlare di Qualità di Vita in Relazione alla Salute (HRQL) intesa come impatto della malattia e delle sue conseguenze (menomazioni e disabilità) sulla qualità di vita.[2] continua... Ora gli studiosi pensano che nei bambini più vulnerabili ciò possa produrre emorragia cerebrale, mancanza di ferro e danni cerebrali come l’autismo, una condizione della mente caratterizzata da un’estremo isolamento. Gli esperti dicono che, attualmente, questo disturbo interessa un bambino su 100 …. sette volte tanto rispetto a dieci anni fa!
L’importanza del periodo neonatale per la qualità di vita – Il periodo neonatale è il periodo più vulnerabile della vita umana in relazione al rischio di morte e al verificarsi di problemi di diverso tipo legati allo sviluppo e che possono condizionare la vita futura di una persona. Per questo motivo la medicina neonatale ha, come suo obbiettivo principale, non solo la sopravvivenza, ma una sopravvivenza integra. Ciò che caratterizza il periodo neonatale è la transizione dalla vita intrauterina a quella extrauterina.[3] Questo passaggio è un evento fisiologico di estrema importanza in cui praticamente tutti gli organi e i sistemi subiscono un importante cambiamento per adattarsi alle nuove condizioni di vita extrauterina. In alcuni sistemi l’adattamento si deve realizzare in pochi minuti per garantire la sopravvivenza e l’indennità del bambino appena nato. L’esempio più drammatico è l’adattamento cardiopolmonare. In poche parole, al momento della nascita cessa la respirazione placentare e in sua vece deve immediatamente iniziare a funzionare la respirazione polmonare.
Ciò presuppone una drastica trasformazione nella circolazione e nel funzionamento cardiaco che deve aver luogo in un lasso di tempo estremamente breve. Questo cruciale adattamento fisiologico può essere alterato per diversi motivi e può causare la morte o danni da ipossia nel neonato. Qualcosa di simile accade con altri organi e sistemi, ma senza l’urgenza e la priorità che caratterizzano l’adattamento cardiopolmonare. I principali problemi che possono influenzare la fisiologia dell’adattamento sono: la prematurità, l’ipossia prenatale, le malformazioni congenite e le infezioni perinatali. Molte di queste patologie possono essere prevenute o anticipate con una buona assistenza prenatale. Quindi, un approccio medico globale alla prevenzione dei fattori che possono influenzare la qualità di vita inizia con una BUONA ASSISTENZA PRENATALE. Questa deve essere considerata una priorità medica ed etica nella medicina perinatale. La medicina neonatale, dunque, segue e cerca di anticipare e supervisionare il corretto processo di questo adattamento, operando gli opportuni e necessari interventi.
I neonati, naturalmente, non sono in grado di valutare la propria qualità di vita e quindi di esprimere le loro preferenze, fanno eccezione alcune risposte che sono in grado di dare al loro ambiente fisico o psicologico più prossimo, come gridare e muoversi.

 

estratto da “RESPIRAZIONE ORALE: UNA IPOTESI EZIOLOGICA E UNA SINTESI FUNZIONALE ATTUALE” 

di Andrea Di Chiara – odontoiatra specialista in occlusione e postura
Associazione Italiana per la Respirazione Orale – www.aipro.info

“È stato inoltre provato che stress particolari alla nascita possono aumentare la probabilità di soffrire in seguito di allergie (ricordiamolo ancora, l’assetto metabolico di tipo allergico è la base per assumere un atteggiamento respiratorio orale).
In particolare, il taglio prematuro del cordone ombelicale può interrompere il flusso vitale degli ormoni e delle IgG materne dalla placenta al neonato. È qui opportuno ricordare che le IgG sono gli unici anticorpi ad attraversare la placenta e riducono la quantità di IgE (quelle che tipicamente si trovano nel siero dei soggetti allergici). Il taglio prematuro del cordone ombelicale può continua...interrompere il giusto rifornimento di IgG materne e favorire pertanto una predisposizione alle reazioni allergiche mediate dalle IgE. Infatti i livelli di anticorpi IgE sono già più alti alla nascita nei bambini che più tardi manifesteranno allergie ( 5 ).
Poiché le IgE non oltrepassano la placenta, devono essere di origine fetale, e la loro formazione non è stata controllata a sufficienza dalle IgG materne. C’è su questo fatto una corrispondenza interessante con l’uso tradizionale cinese della placenta e del cordone ombelicale come farmaci per il trattamento dell’asma dei bambini ( 6 ). Ciò sembra confermare che un’interruzione nello scambio perinatale degli ormoni, delle IgG materne e dei prodotti di rifiuto tra la placenta e il neonato può essere una causa del vuoto della Wei Qi del Rene del neonato, ossia dei motivi per cui -nel linguaggio della Medicina Tradizionale Cinese – un individuo manifesta una costituzione allergica ( = una disfunzione psico-neuro-endocrinoimmunitaria) sin dall’età neonatale.”